sabato 25 ottobre 2014

LIBRERIA EDITRICE VATICANA A PORDENONE

Ad un mese dalla conclusione di Pordenonelegge, Pordenone ha ospitato un'altra rassegna culturale molto interessante legata al libro: si è infatti oggi conclusa la VIII edizione de La Libreria Editrice Vaticana a Pordenone, quest'anno dal titolo Ascoltare, leggere, crescere. Una serie di incontri che hanno interessato la città e dintorni attraverso incontri con esperti della comunicazione vaticana, esponenti del clero e membri della Chiesa cattolica: uno degli incontri più importanti è stato quello che ha visto il Duomo ospitare il Card. Kasper, uno dei protagonisti principali del Sinodo straordinario sulla famiglia, il quale ha parlato, nel corso di una conversazione con il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, dal titolo "La famiglia nell'amore coniugale", delle dinamiche che hanno mosso i lavori dei padri sinodali durante i dibattiti circa tematiche delicate quali la Comunione ai divorziati e ai risposati, la questione omosessualità e la crisi della famiglia e della società. Kasper ha trattato aspetti teologici ma anche sociali e culturali, non dimenticando di sottolineare come la famiglia sia espressione dell'amore del Vangelo ma soprattutto come i diritti ad essa relativi debbano essere tutelati non solo dalla Chiesa ma anche dallo Stato. Le polemiche circa la presunta divisione dei vescovi sono state sgonfiate dal teologo tedesco, che ha ribadito come "la Chiesa non sia uno Stato totalitario e che le opinioni diverse sono normali", come evidenziato anche da Papa Francesco. Pontefice che è stato il leit motiv della rassegna, con alcuni incontri dedicati al suo Pontificato, dal rapporto con i predecessori nel segno della continuità alla sua dirompente comunicazione, approfondita da relatori del calibro di Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, di Angelo Scelzo, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, e di Massimo Enrico Milone, responsabile di Rai Vaticano: una comunicazione in continuità con Giovanni Paolo II per quanto riguarda la forza comunicativa dei gesti simbolici, ma anche con Benedetto XVI per quanto riguarda l'apertura al web.
Ma anche i temi etici sono stati protagonisti dell'edizione, dalla "Responsabilità dell'uomo davanti alla vita"al "Diritto del minore alla bigenitorialità", passando per "Lo sport come strumento e via per la pace e la valorizzazione di ogni persona umana, con la partecipazione di grandi figure come  il giornalista Italo Cucci, il direttore della LEV don Giuseppe Costa e l'attore Moni Ovadia. 
Una rassegna densa di eventi e di argomenti, nella quale il libro "presuppone la disponibilità anche materiale di porsi in un atteggiamento di ascolto, di curiosità e meditazione". E allora forza, ascoltiamo, leggiamo e cresciamo, proprio come esorta Papa Francesco nella sua cultura dell'incontro incentrata sul dialogo e la comprensione.  

mercoledì 15 ottobre 2014

SERBIA VS ALBANIA: POLITICA PIÙ CHE CALCIO


41 minuti. Tanto è durata la sfida fra Serbia e Albania, valevole per le qualificazioni agli Europei del 2016. Al lancio di fumogeni in campo l'arbitro inglese Atkinson ha sospeso la partita, sul risultato di parità di 0 a 0. Ma ad alzare la già tesa situazione ci ha pensato un drone con attaccata la bandiera della Grande Albania con raffigurata l'immagine di un leader degli indipendentisti kosovari ucciso nel '98 dalle milizie serbe, la scritta Authochtonos e la data 1912 ad indicare la rivolta albanese in Kosovo. In campo la rissa fra i giocatori delle due nazionali è scoppiata quando il serbo Mitrovic ha strappato il vessillo, provocando la dura reazione dei giocatori albanesi. All'escalation di tensione in campo è seguita quella sugli spalti, dai quali sono volati oggetti - fra i quali seggiolini - e altri fumogeni, costringendo le due squadre a rientrare negli spogliatoi (qui il video). La partita è finita quindi qui, con i giocatori albanesi che non hanno accettato l'invito dell'arbitro a riprendere il gioco, data la non sussistenza delle condizioni  adatte per ricominciare la gara. Quello che ha sorpreso - ma forse non troppo - è stata la presenza in campo di Bogdanov, l'ultras serbo arrestato nel 2010 a Genova per i disordini di Italia vs Serbia, noto come Ivan il Terribile

Bogdanov scende in campo (immagine de La Stampa)
L'ultras sarebbe sceso in campo per trattare e far valere le sue posizioni politiche. Politica che purtroppo si è ancora una volta mischiata al calcio e allo sport, snaturandone la bellezza. La partita fra le due nazionali è diventata purtroppo non il terreno di gioco di un confronto sportivo ma il terreno di uno scontro ideologico e nazionalista fra due Paesi storicamente in conflitto per questioni di indipendenza territoriale ed etnica, tanto che l'ingresso allo stadio era vietato ai tifosi albanesi, essendo permesso l'accesso solo ai possessori del passaporto serbo. Secondo le ultime indiscrezioni il drone sarebbe stato pilotato dall'interno dello stadio da Orfi Rama, fratello del primo ministro albanese, il quale sarebbe già stato arrestato dalle autorità locali. Insomma, un'altra brutta pagina di politica che si impone sullo sport aizzando i nazionalismi di Paesi che ancora hanno vivo il ricordo delle recenti guerre per l'autoaffermazione e l'indipendenza. 

L'attaccante serbo Mitrovic strappa la bandiera attaccata al drone,
provocando la reazione degli albanesi (foto Sky Sport)



martedì 14 ottobre 2014

IL CALCIO DI OGGI INZUPPATO DI CRITICHE

Italia vs Azerbaijan 2 a 1 e Malta vs Italia 0 a 1. Due vittorie che si aggiungono a quella in Norvegia per 2 a 0 e che mandano la Nazionale italiana in testa al girone H insieme alla Croazia (prima per differenza reti). Italia a punteggio pieno con tre vittorie in tre partite nella corsa alle qualificazioni per Euro2016, alle quali si aggiunge la vittoria per 2 a 0 in amichevole contro l'Olanda per l'esordio di Conte sulla panchina italiana: un segnale sicuramente positivo dopo la debacle del Mondiale in Brasile di appena qualche mese fa. Ma la Nazionale di Conte non ha per niente brillato, questo è doveroso dirlo: solo un gol di scarto nelle vittorie contro due squadre non certo irresistibili, diciamo le più facili del girone. Un po’ fuori luogo è però la pioggia di critiche che sta piovendo sulla Nazionale, accusata di essere lenta, impacciata, poco fluida nella manovra e capace solo di sfruttare le palle inattive e quindi il gioco aereo. Sono critiche che ci stanno e che hanno sicuramente del vero: nelle ultime due partite i gol sono venuti da calci d’angolo, come testimoniano i due colpi di testa vincenti di Chiellini contro gli azeri e il tap-in lesto di Pellè su respinta del portiere contro Malta. Sorge però spontanea una domanda: di che Nazionale si parlerebbe oggi se le tre traverse e i due pali colpiti nel corso delle due partite fossero stati invece gol? Se Italia vs Azerbaijan fosse finita 3 a 0 (dato che il gol degli azeri è stato un autogol di Chiellini) e Malta vs Italia 0 a 5 (o quantomeno con più di un gol di scarto), si parlerebbe di una Nazionale impacciata e inconcludente in attacco? Probabilmente no. Si descriverebbe una squadra in grado di imporsi sull’avversario a suon di gol e solidità difensiva. Certo, con i se e con i ma tutto è possibile e opinabile. Quello che preme dire è che bisognerebbe iniziare a smettere di dar fiato a continue critiche: non è pensabile ritrovarsi una Nazionale votata al calcio spettacolo ad appena tre mesi da un Mondiale disastroso (il secondo consecutivo), con tanto di cambio del c.t., dello staff e di molti giocatori. Dopotutto c'è anche chi sta peggio di noi, basti pensare alla Spagna e all'Olanda. Lasciamo tempo a Conte per lavorare: dopo il Brasile si è auspicato un cambio di rotta e più fiducia ai giovani. Conte lo sta facendo, ma nulla viene dal nulla. Quindi basta pressioni mediatiche e più fiducia e… tifo!


#ForzaAzzurri!

venerdì 3 ottobre 2014

LA CONTINUITÀ PASTORALE DI BERGOGLIO, RATZINGER E WOJTYLA

Oggi, grazie a Papa Francesco, la Chiesa Cattolica sta vivendo un momento di grazia, sia per quanto riguarda il recupero di credibilità agli occhi dell'opinione pubblica dopo i vari scandali, da quelli finanziari dello IOR a Vatileaks, sia per quanto riguarda l'aspetto pastorale, con il recupero di fedeli in un momento storico molto difficile per la fede cristiana, sempre più stretta all'interno di una società secolarizzata e globalizzata. Per questo Francesco è stato definito "rivoluzionario", una sorta di super-eroe in grado di attrarre simpatia e benevolenza riportando la gente in chiesa. Sì, è vero. Francesco ha risvegliato il senso di appartenenza alla fede cristiana, l'attenzione verso i poveri, la necessità di riscoprire la quotidianità attraverso la semplicità. Ma è lui stesso a rifiutare l'appellativo di super-eroe, o di super-Pope, sottolineando come al centro sia fondamentale mettere Cristo e non l'uomo: "Sono un peccatore cui Dio ha guardato", ha dichiarato Francesco nell'intervista/dialogo con Scalfari, fondatore del quotidiano Repubblica. Una frase che denota l'umiltà del Pontefice argentino, che non cerca gloria né privilegi, ma la povertà di chi è in difficoltà per incontrare Cristo, per portare la gente a Lui. Vivere a Santa Marta, in mezzo alla gente, è per Francesco "una necessità, per motivi psicologici", così come rinunciare a privilegi e lussi. Ma attenzione: questa umiltà non deve essere considerata una novità assoluta per la Chiesa! Francesco non ha portato l'umiltà e la povertà in Vaticano, ma l'ha solo rispolverata, l'ha risvegliata dal sonno in cui era caduta negli ultimi tempi. Francesco, più che un rivoluzionario, è forse più un riformatore, più attento a ricordare quali sono i cardini su cui vive la Chiesa, piuttosto che portare una rivoluzione, la quale richiederebbe buttare giù tutto per ricostruire da capo. Francesco sta operando in continuità con Benedetto XVI e con Giovanni Paolo II, semplicemente in maniera diversa in quanto ogni Papa, come ogni uomo, è diverso da un altro, ha carismi propri che si adattano alle necessità del tempo in cui la Chiesa vive. L'umiltà di Francesco è il prolungamento dell'umiltà di Benedetto, coraggioso nelle sua rinuncia al Pontificato in quanto umile nel riconoscere i suoi limiti fisici. Umiltà, quest'ultima, che è il prolungamento di quella di Wojtyla, umile nel sapersi mostrare sofferente nella malattia, comunicando attraverso di essa la sofferenza di Cristo. Sofferenza fisica che ha accompagnato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, portandoli sì a scelte diverse (uno a continuare il suo Magistero, l'altro a rinunciarci) ma con un obiettivo comune: il bene della Chiesa. Bene della Chiesa che adesso è l'obiettivo di Francesco, portando avanti l'opera di riforma già iniziata da Benedetto XVI (a discapito delle critiche faziose di media e lobby), il quale portò avanti a sua volta l'opera di riforma di Giovanni Paolo II. Francesco oggi parla di una Chiesa umile e povera, paragonandola ad un "ospedale da campo" nel quale è necessario curare tutti senza distinzioni di razza, genere, orientamento sessuale o status sociale: in questo senso Francesco parla spesso di giustizia, ma anche di perdono. Un perdono che è più forte del giudizio e del pregiudizio, che non deve dimenticare il torto ma semplicemente guarirlo. Un perdono tanto predicato da Francesco e che non trova esempi migliori se non nei suoi due predecessori, capaci di perdonare un attentato alla propria vita, come fece Giovanni Paolo II con Alì Agca, e un tradimento, come fece Benedetto XVI con il suo maggiordomo personale, Paolo Gabriele. Umiltà e perdono non sono quindi delle novità portate da Francesco, ma sono solo cardini della Chiesa rispolverati e ricordati attraverso gli esempi di Woityla e Ratzinger, ma soprattutto in una continuità pastorale con essi. Per il bene della Chiesa. 



Immagine tratta da www.traditio.com