venerdì 21 settembre 2018

Conte, Salvini, Berlusconi. Quando la sfera religiosa incontra la politica

"Unto del Signore", "Uomo della Provvidenza", "in odore di santità". Sono alcune delle espressioni che Silvio Berlusconi, nel corso del sua storia politica, si è attribuito per descrivere il suo ruolo politico-ma non solo. Espressioni con un chiaro riferimento alla sfera religiosa - e che potete trovare riassunte qui - che hanno fatto di Berlusconi una sorta di "Gesù della politica", per usare un'altra metafora religiosa pronunciata dal Cavaliere. Un uomo investito di un mandato divino, una guida politica ma allo stesso tempo un modello esemplare, al limite dello spirituale, da seguire.

Photo Credit: Libero Pensiero 

I manuali di comunicazione e leadership politica hanno analizzato e approfondito a più riprese il ruolo delle dimensione religiosa e spirituale nella leadership politica. Una dimensione in grado di coinvolgere l'elettore/cittadino, portandolo ad essere quasi - se non proprio - un adepto/seguace del suo leader. Un modello che Berlusconi ha cavalcato a più riprese nelle sue campagne elettorali. E a questo proposito molti ricorderanno Una storia italiana, il libretto-opuscolo spedito per posta agli italiani alla vigilia del voto del 2001. L'incontro con Giovanni Paolo II, il titolo "la traversata del deserto" a ricordare le tentazioni subite da Cristo da parte di Satana per quaranta giorni, il vestito bianco a simboleggiare la purezza. Berlusconi viene dipinto come un santo, un eletto.

Il marketing politico - e la sua narrazione religiosa - in questo senso è stato favorevole a Berlusconi nel colmare il vuoto lasciato dalla Democrazia Cristiana, avvicinando in particolare l'elettorato cattolico alle posizioni di Forza Italia. Un vuoto che persiste ancora oggi in questo segmento di elettorato, spaesato nella direzione da seguire e nell'offerta politica poco allettante.

Vuoto che sta cercando di colmare il governo legastellato. Il primo è stato Matteo Salvini, che nell'ultima campagna elettorale ha sbandierato in Piazza Duomo a Milano rosario e Vangelo, a sottolineare e rivendicare quell'appartenenza ai valori cristiani che oggi, latitante e trascurata, rappresenterebbe la crisi identitaria italiana. Al netto della crisi di valori (innegabile), l'uscita da difensore pubblico della religione cristiana a pochi giorni dal voto altro non è stata che una (discutibile) mossa acchiappa-voti, un amo gettato a quelli che "vedi, lui sì che non ha paura di mostrare la sua fede".



Mossa che è stata seguita dal premier Conte, che in un'intervista rilasciata a Bruno Vespa si è reso protagonista di una gag nella quale ha espresso tutta la sua devozione per padre Pio, con tanto di santino tirato fuori dalla giacca. I riferimenti a Paolo VI e a Aldo Moro hanno fatto il resto, nella costruzione della narrazione ideale per l'elettore cattolico medio.




Se Berlusconi esagerava un tantino nel suo paragonarsi a Dio - e più che sull'ego del Cavaliere qui bisognerebbe riflettere più sull'ingenuità di chi lo ha osannato davvero come un Messia - Salvini e Conte altro non hanno fatto che applicare le regole del marketing politico per raggiungere una parte di elettori. 

Ciò che viene da chiedersi è cosa cerchino e debbano cercare i cattolici nella politica, oltre a cosa aspettarsi da essa. Nella speranza che, noi cattolici - e sottolineo il noi - sappiamo andare oltre. Magari virando sui contenuti, più che su un santino o un rosario sventolati in aria.