lunedì 25 marzo 2019

Gerusalemme, ombelico della fede

Affascinante. È il primo termine che viene in mente osservando Gerusalemme dall'alto, fuori dalle mura della Città Vecchia. Quella che è divisa in quattro quartieri, le quattro identità che compongono una città che probabilmente della sua vera identità è ancora alla ricerca. Il quartiere musulmano a nord-est, quello latino (cristiano) a nord-ovest, quello armeno a sud-ovest, quello ebraico a sud-est, vicino al monte del tempio. Quattro quartieri per quattro identità: divise, conflittuali, eppure in costante relazione. 



La si guarda da lontano, Gerusalemme, e sembra quasi un quadro. La Cupola della Roccia - dorata e imponente alla vista - a sud, il Cenacolo a ovest, la Basilica della Dormizione a nord-ovest. E poi il Pinnacolo del tempio, quell'angolo a sud-ovest delle mura dove il diavolo tentò Cristo. Sembra quasi di vederla, la scena. E poi la valle della Geenna, la valle a sud-ovest della città dove ai tempi di Cristo si bruciavano i rifiuti. 

Sembra un quadro, Gerusalemme, e quando ci si entra sembra di entrare in una storia e nella Storia. I vicoli stretti, i negozi di souvenir ammassati l'uno addosso all'altro, i chioschetti  con il succo di melograno, le insegne dei quartieri, a simboleggiare il cambio di identità e cultura appena ci entri. Come se la città ci tenesse a rimarcare le molte differenze che la compongono. E in effetti è così. Ognuno sottolinea la propria, di identità. La propria appartenenza, la propria fede, il proprio pezzetto di giurisdizione. Il modo di vestire, il modo di guardare, il modo di parlare: tutto si mostra, a Gerusalemme. 

Si può respirare il mix di culture, di differenze, di contraddizioni. Di sospetti, come quando la vista dello straniero genera diffidenza e anche sdegno. C'è chi sputa per terra, al suo passaggio. Semplicemente perché appartenente a un credo diverso. C'è anche chi lancia qualcosa addosso a chi non è gradito, come una bottiglia d'acqua piena alle spalle. Ma come ogni forza c'è ne è un'altra uguale e opposta che cerca strada: il dialogo cerca di farsi spazio nonostante tutto, cerca il confronto e la condivisione di una ricchezza intrappolata nella rigidità delle differenze e di una storia - politica e culturale - che non ha mai smesso di ribadirle. 


È un ombelico, Gerusalemme. Dal quale fuoriesce il concentrato delle confessioni cristiane, delle religioni monoteiste, delle faide storiche e politiche. Ma anche nel quale molto converge: la sete di conoscenza, la continua ricerca dei fedeli di tutto il mondo, la bellezza di un territorio pieno di storia, la speranza di una soluzione territoriale che possa finalmente dare pace e convivenza a questa molteplicità.



È un ombelico, Gerusalemme. Città densa, conflittuale, ma affascinante. Già, affascinante. Un termine che ha aperto queste righe e che al tempo stesso le chiude, senza però una conclusione. Perché è proprio nel suo fascino, nella sua ricchezza, che Gerusalemme ci dice che è un luogo che non finirà mai.