venerdì 31 maggio 2013

TORNIAMO A LEGGERE!

Gli italiani non leggono più, e se lo fanno mediamente non leggono più di tre libri in un anno. Questo è il resoconto dell’ultima analisi Istat sulla produzione e lettura di libri. Ma quali sono le cause di questi dati certamente non incoraggianti? Molti sono gli ostacoli alla lettura: la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura, il sostegno inadeguato alla piccola editoria, e i bassi livelli culturali della popolazione. Ma bisogna considerare anche fattori di natura sociale, economica e territoriale. Per quanto riguarda i primi c’è da sottolineare una forte differenza di genere: le donne leggono più degli uomini (51,9 % contro il 39,7 %), oltre al fatto che una famiglia su dieci dichiara di non avere neanche un libro in casa. Per quanto riguarda i fattori economici, un lettore su tre vive in famiglie con scarse risorse economiche (non a caso stanno avendo ampio successo le edizioni economiche). Ma anche i fattori territoriali hanno il loro peso nella questione: in Italia al Nord si legge molto di più che al Centro e al Sud. Insomma, l’Italia è caratterizzata da forti disuguaglianze sociali, economiche e territoriali che portano una persona su due a definirsi un non lettore e quasi la metà dei lettori a leggere al massimo tre libri in un anno. Il livello di scolarizzazione incide notevolmente nella definizione dei non lettori (69,6% di chi possiede al più la licenza elementare non ha letto nemmeno un libro, contro il 17,9 % dei laureati), oltre l’ampiezza dei comuni di residenza, dove chi abita in periferia è meno propenso a leggere rispetto a chi abita in un’area metropolitana. Il risultato è che la produzione libraria entra in crisi e deve far fronte alla diminuzione di libri pubblicati. Per attrarre i lettori si punta sulle novità, che vede l’emergere dei best seller e degli istant book, in grado di raggiungere un grande successo commerciale nel breve periodo grazie alla pubblicità sui mass media e alla rapida produzione del libro. Ma la crescita dei lettori resta comunque lenta e modesta. Quali possono essere le strategie da adottare per mettere in mano alle persone un buon libro? E’ importante educare fin da piccoli i propri figli alla lettura, non lasciandoli troppo tempo davanti alla televisione. Questo deve essere compito dei genitori (dalle statistiche emerge che avere genitori lettori incoraggia la lettura) e della scuola (i bassi livelli culturali della popolazione sono conseguenza anche di un sistema scolastico non all’altezza: per questo sono necessarie e auspicabili iniziative scolastiche e culturali che coinvolgano i bambini, ma anche gli adulti). Sicuramente un bambino abituato a leggere avrà più probabilità di diventare un lettore da adulto piuttosto di uno che non legge, in quanto farà parte della sua formazione e del suo modo di informarsi. In questo senso significativo è il fatto che più si va avanti con l’età più aumenta la percentuale dei non lettori (74,8 % fra gli over 75). Un altro terreno sul quale bisogna lavorare è la lotta alla sempre più marcata differenziazione culturale fra Nord e Sud, a discapito di quest’ultimo: i non lettori emergono notevolmente al Sud (65,3 %), in particolare in Puglia (67,5 %) e in Campania (66,6 %), mentre al Nord troviamo una situazione meno grave: 43 % di non lettori e percentuali basse in Trentino Alto Adige (39,1 %), Valle d’Aosta (41,8 %) e Veneto (42,4 %), rispetto al resto del Paese. Internet può essere uno strumento per invogliare le persone a leggere riviste, giornali e news online: nell’era del web 2.0 lo smartphone è diventato uno strumento d’uso comune, accessibile alla maggior parte della popolazione, a parte quella più vecchia legata ancora ai giornali e ai media tradizionali. Sono infatti oltre 700mila le persone che leggono libri online o e-book su dispositivi mobile, in linea con la media europea (46, 1 % contro il 50 % europeo): significativo è il fatto che un giovane su tre fra i non lettori legge news, giornali o riviste online. Nell’ottica della banda larga e delle connessioni veloci il libro si sta sempre più digitalizzando. Ma c’è ancora chi rimane affezionato alla cara vecchia carta stampata: per non farli diventare una razza in via d’estinzione, basta promuovere più iniziative culturali nelle scuole e stare attenti all’educazione alla lettura dei propri figli, magari regalando loro un buon libro assieme allo smartphone di ultima generazione.  

Dati Istat: 

CRITICA E AUTOCRITICA

La società d'oggi è sempre più complessa e disordinata. Ognuno va nella direzione che più gli piace e che meglio tutela i suoi interessi e i suoi affari. "Beh, mi pare ovvio! Che male c'è a fare i propri interessi e a curarsi i propri affari? Lo fanno tutti, nessuno fa niente per niente". Questa è la giustificazione più ovvia e semplice da apporre al problema, e per certi punti di vista, niente da dire, chapeau
Il problema però è che molto spesso, anzi, troppo spesso, i nostri affari entrano in conflitto con quelli di qualcun altro e sarebbe auspicabile che a risolvere tali conflitti non sia alcuna legge del far west dove chi spara per primo e ammazza l'altro ha ragione e tutti felici e contenti. La nostra società, democratica (?), dovrebbe avere come principio guida un dibattito sano e costruttivo, dove si è liberi di pensarla diversamente e di esprimere le proprie opinioni, ma pur sempre nel rispetto dell'altro, cercando il confronto. E invece sembra che ormai la ragione appartenga a chi urla e sbraita di più, dando spettacolo e instupidendo le persone. Dite di no? Beh, i vari talk show e programmi televisivi, di natura politica o di semplice intrattenimento, ne sono l'esempio: il dibattito si è ridotto ad una sorta di Processo di Biscardi dove ognuno dice la sua parlando sopra l'altro, interrompendo, non rispettando i tempi e alzando la voce a più non posso. Risultato? Non si capisce niente. Per non parlare della politica e dei politici! Alcuni comizi sembrano delle adunate dove la folla assiste inebetita alle urla di sdegno del sommo capo che vuole stanare gli avversari dalla loro casta, col finire semplicemente nel farne a sua volta parte gettando tanto fumo negli occhi. 
Nella nostra società manca essenzialmente una cosa, anzi due: una critica costruttiva ma soprattutto, capacità di autocritica! Pochissime persone hanno interesse ad ammettere i propri errori quando c'è da farlo, soprattutto nella classe politica. Il politico ormai deve avere un'immagine perfetta, funzionale alla raccolta di voti per il raggiungimento del consenso e della poltrona. Ammettere i propri errori è un atto di umiltà che ormai può diventare la tua condanna. E sulla scia di questo modello anche i cittadini si sentono giustificati nel fare quello che vogliono: "Evadere le tasse? Certo che lo faccio! La politica ruba a me? Io rubo a loro!". Conseguenza? Tutti stiamo peggio. Insomma nessuno sbaglia, nessuno deve chiedere scusa, si fa solo quello che conviene e se per caso fai un danno a qualcuno, beh, è il mondo che gira così! 
L'espressione I may be wrong tanto cara a Karl Popper è ormai un'utopia, una perla in mano a pochi intenditori della questione. Quasi tutti si ritengono infallibili, sicuri di essere dalla parte della ragione: non c'è bisogno di autocritica nè tantomeno di un esame di coscienza. Sono cose per deboli. 
Ma l'infallibilismo, diceva Popper, è per gente noiosa e, aggiungo io, presuntuosa. 
A volte sarebbe bene fermarsi un attimo e revisionare il tutto, criticandoci.