mercoledì 7 dicembre 2016

LA POLITICA È ANCHE SENTIMENTO. BASTA CHE A GUIDARLA SIA LA VERITÀ

Photo Credit: usoeriuso.it 

Da un po' di anni a questa parte ho avuto modo di vivere l'esperienza di scrutatore al mio seggio elettorale. Comunali, regionali, europee, politiche, referendum: ogni tipo di votazione ha meccanismi diversi, non solo politici ma anche e soprattutto sociali. Sì, perché in fin dei conti il voto è anche uno strumento sociale che ci permette di esprimere la nostra idea, condivisibile o meno che sia. È quello strumento che ci permette di dire sì o no a qualcosa - come nel referendum di domenica - oppure di determinare i rappresentanti politici del nostro Comune/Regione/Parlamento. 

E ogni volta, volenti o nolenti, si va a votare anche con i sentimenti, è inutile negarlo. Capita di scrutinare e trovare schede con insulti, battute o scarabocchi, che sono espressione di rabbia, disappunto, rassegnazione. Ma anche un voto espresso correttamente - e con correttamente intendo non nullo - può essere espressione di sentimenti positivi o negativi. 

Certo, il voto è meglio che sia espressione di una scelta razionale e ponderata, ma la componente emotiva è imprescindibile in politica. Simpatie e antipatie fanno parte del gioco e sono le stesse campagne elettorali a determinarle. Sono gli stessi attori politici a far leva sulla pancia - e oserei dire anche sul cuore - degli elettori tirandoli da una parte o dall'altra e la conseguenza delle loro decisioni dentro la cabina elettorale non può che essere - nella maggior parte dei casi, non in tutti - che un voto di pancia (o di cuore). 

È quello che è successo anche domenica con il referendum costituzionale. Osservando le molte persone venute a votare (affluenza molto alta, segno che il referendum era particolarmente sentito) posso dire che il tempo passato dentro alla cabina elettorale è stato in media di due secondi. Questo vuol dire che la maggior parte delle persone è venuta a votare già con le idee chiare, senza aver bisogno di stare troppo tempo a leggere e rileggere il quesito referendario. 



Questo potrebbe voler dire che la gente ha tendenzialmente votato sì o no di pancia/cuore in base ad antipatie/simpatie o che semplicemente si era già informata conoscendo bene il quesito e i contenuti del referendum (superamento del bicameralismo perfetto, abolizione del CNEL, abolizione delle Province, riduzione dei costi della politica). Ovvio che tutti ci auguriamo sia stato il secondo caso a prevalere ma è inevitabile domandarsi se questo referendum sia stato davvero un atto politico sul merito o un voto personale su Renzi, principale autore e promotore della riforma che inevitabilmente o volutamente ha personalizzato questo voto.

Determinare se il 40% del sì sia un completo apprezzamento sull'ex (?) Presidente del Consiglio e il 60% del no una sua completa bocciatura è ancora troppo presto per dirlo: i motivi che hanno portato ai due voti sono molti, diversi e intrecciati fra loro e saranno probabilmente le prossime elezioni, con il senno di poi, a permettere di comprendere il risultato di domenica.

Di sicuro una cosa si può dire: anche fra chi ha votato sì c'è chi ha espresso un voto politico di pancia/cuore. Se fra chi ha votato no può aver prevalso la paura di un cambiamento incerto o l'avversità verso il Governo, fra chi ha votato sì può aver prevalso la speranza di un cambiamento atteso o l'apprezzamento verso il Governo e il suo operato. Al di là del merito sul quesito.

Nei giorni precedenti il voto il dibattito si è incentrato sul non votare di pancia e sul Renzi/nonRenzi. Come se i sentimenti negativi fossero gli unici non giustificabili. Ma è la politica, signori: giocare sulla sfera emotiva per far coincidere la speranza e il sogno con la propria figura politica e la paura con quella dell'avversario. E in questo hanno giocato tutti e due gli schieramenti: quello del no con le bufale sul referendum e quello del sì con la smentita di tali bufale (a suon di altre bufale) e l'idealizzazione della riforma costituzionale come via maestra di un futuro migliore. 

È la logica degli spot elettorali, degli slogan, di chi dice meglio cosa (vero o non vero che sia). È la comunicazione politica. È la campagna elettorale. È raccontare storie, ideali, progetti. È storytelling

In un precedente post avevo consigliato alcune fonti per votare informati, che è la vera discriminante per un voto coerente. Se la parte emotiva di pancia e di cuore è naturale, la corretta informazione è la prova del nove affinché le proprie simpatie/antipatie siano coerenti con la realtà dei fatti. Senza farsi ingannare da bufale e sentito dire. Perché diciamocelo: la politica è anche sentimento e negarlo è solo un nascondersi dietro a un dito. L'importante è che sia la verità a guidare i sentimenti e non viceversa.