Il populismo fra due continenti. Dall’Italia
all’America Latina. Questo il titolo della conferenza tenutasi venerdì 27
febbraio presso la Sala Consiglio Provinciale di Pordenone in occasione del
quarto incontro del XIX corso di geopolitica organizzato da Historia.
L’analisi
relativa al tema del populismo è stata compiuta dal prof. Marco Tarchi
dell’Università di Firenze e dal prof. Eric Dubesset dell’Università di
Bordeaux. Il primo, direttore delle riviste Diorama, Letterario e
Trasgressioni, si è concentrato sull’analisi della situazione italiana, con
particolare riferimento al fenomeno Movimento 5 Stelle, mentre il secondo si è
occupato dei fenomeni populisti in America Latina.
Tarchi
ha innanzitutto sottolineato come manchi una definizione chiara e di unanime
accordo del concetto di populismo, un argomento fortemente discusso all’interno
dell’opinione pubblica e in forte diffusione attraverso i mass media. Al
populismo vengono associati diversi termini e concetti come popolo, nazione,
economia e mercato, in quanto esso è un fenomeno che interessa diverse aree,
dalla politica fino all’economia e che si sta espandendo particolarmente in
Europa, dove il populismo non è riferibile esclusivamente all’estrema destra:
esso è infatti un fenomeno che sta attraversando largamente l’orizzonte
politico, come testimoniano Syriza in Grecia e Podemos in Spagna.
Per
quanto riguarda il caso italiano il fenomeno Grillo rappresenta una forma di
populismo che travalica il binomio destra/sinistra e che si presenta allo stato
puro, rappresentando cioè un populismo slegato da ideologie politiche che si
identifica perfettamente con il leader ma non con il movimento politico.
Infatti l’elettorato ha poco a che vedere con le attività del M5S, movimento
nel quale il leader Beppe Grillo rappresenta completamente l’immagine
nell’opinione pubblica: l’elettorato di tale movimento è infatti identificabile
con una sorta di sinistra 2.0 che ha trovato nel comico genovese una voce, un
megafono. Questa è anche la causa del declino del M5S: dopo il grande successo
avuto alle elezioni politiche infatti numerosi sono stati i casi di
“epurazione” all’interno del movimento e progressiva è stata la perdita della
presa emotiva sull’opinione pubblica. Un’altra motivazione potrebbe essere la
forte di leadership di Matteo Renzi, il quale ha occupato ogni vuoto politico
non lasciando spazio ai grillini, che avevano avuto successo a Parma e a
Livorno proprio occupando un vuoto politico.
Il
M5S attraverso Grillo aveva ottenuto successo attraverso un populismo che
conquista consensi in quanto canale preferenziale per esprimere il senso di
delusione dell’opinione pubblica. L’altro canale è l’astensionismo, che
rappresenta una forma di deficit partecipativo alla vita politica da parte dei
cittadini: in questo senso il populismo difficilmente è in grado di frenare
tale fenomeno, tanto che non ci sono riusciti né Grillo in Italia nè Tsipras in
Grecia, come non ci riuscirà Salvini in futuro. L’astensionismo è così una
forma di protesta passiva, una sorta di disincanto politico che impedirà al
leader populista di conquistare il pieno successo politico.
Su
cosa fa leva il populismo? Innanzitutto su forti connotazioni emotive e poche
ideologiche, tanto che lo si può definire uno stile politico paragonabile ad
una forma contemporanea di demagogia, oggi utilizzata anche dai leader
populisti grazie al marketing politico. Il populismo è quindi una mentalità che
influenza uno stile andando però oltre, dando un senso ad un contesto in cui si
vive in base ad un approccio emotivo e psicologico. Ma soprattutto il populismo
detesta le forme di mediazione politica, come testimonia l’avversità di Grillo
e del M5S verso le trasmissioni televisive (alle quali raramente i grillini
partecipano o concedono interviste) cercando di creare canali di informazione
propri in grado di smascherare l’agenda
setting dei media tradizionali.
Il
populismo è una realtà liquida che muta velocemente e che influenza
notevolmente la democrazia. Tarchi sottolinea come in Italia “il populismo sia
una componente fisiologica del sistema politico e culturale della quale
bisognerebbe prendere maggiormente coscienza”, ed automatico è il riferimento
al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, definito un uomo di marketing che
utilizza argomenti e parole tipiche del populismo per andare poi contro i
populisti.
Il
discorso si sposta poi sull’America Latina, della quale il prof. Dubesset
traccia un’analisi storica. Innanzitutto si sottolinea come in Sudamerica il
termine populismo non venga considerato per forza in maniera negativa, in
quanto esso è un fenomeno che fa parte della storia e della cultura dei Paesi
latinoamericani e per questo Dubesset parla del populismo sotto tre aspetti:
come si caratterizza il populismo, perché e come è proliferato in Sudamerica e
infine tale fenomeno come processo di integrazione.
Da sinistra a destra: Marco Tarchi, Eric Debusset, Guglielmo Cevolin |
Per
quanto riguarda il primo punto vengono elencate le tappe storiche della
crescita del fenomeno populismo: un populismo riformista negli anni ’20,
caratterizzato da un’organizzazione verticale con un partito egemonico
concentrato sul promettere riforme sociali, sull’esercitare direttamente il
potere e dare spazio al clientelismo e con l’obiettivo di progettare
un’identità collettiva in grado di rendere partecipativa la massa; un populismo
sviluppista fra il 1950 e il 1960, con una funzione paternalista dello Stato
incentrata sul protezionismo al fine di vendere i prodotti industriali
nazionali; un populismo neoliberale (neopopulismo) dagli anni ’70 agli anni
’90, nel quale il leader populista si presenta come un outsider scagliandosi
contro le istituzioni (attuando così una vera e propria forma di antipolitica);
infine un populismo progressista che ha l’obiettivo di uno sviluppo economico
contrastato però dalle disparità sociali: ecco che la difesa dei poveri diventa
un argomento politico con conseguente orientamento a sinistra del fenomeno
populismo, secondo il quale il leader vuole rompere la distanza fra gli
elettori e i dirigenti politici per riunire attorno ad esso il popolo contro un
nemico interno (vedi il caso di Chavez in Venezuela).
Per
quanto riguarda invece il secondo punto di analisi Dubesset sottolinea come in
America Latina il populismo sia un fenomeno strutturale, caratterizzato da
opportunismo elettorale e adattabilità culturale: il populismo fa cioè parte
della cultura politica e il leader populista è un personaggio carismatico e
seduttore, che trova nell’ingiustizia e nell’insoddisfazione della popolazione
un terreno di proliferazione populista. Il leader ha così l’ambizione di
rinnovare la pratica politica, ma il populismo rappresenta in questo modo un
sintomo di malgovernabilità politica ed economica che comporta un degrado
democratico e una instabilità istituzionale.
Infine
il terzo punto di analisi riguarda la relazione che sussiste tra populismo e
regionalismo nel contesto dell’integrazione. Dubesset mette a confronto
l’America Latina con l’Europa, evidenziando come ci siano convergenze quanto
divergenze. In particolare mette in evidenza il differente approccio nei
confronti dell’immigrazione: se in Europa essa è il bersaglio della politica
populista (vedi ad esempio Front National e Lega Nord) con conseguente lettura
negativa del processo di integrazione (considerato una minaccia per l’identità
europea), in America Latina ciò non avviene, in quanto l’immigrazione è
storicamente e culturalmente parte dell’area geopolitica. I leader populisti
latinoamericani quindi non strumentalizzano politicamente il tema
dell’immigrazione in quanto l’America Latina è una regione di immigrati e la
cui storia politica è stata segnata dall’emancipazione, dall’anti-imperialismo
e dall’autonomia politica delle colonie.
Infine
viene dato dai due professori un rapido sguardo alla situazione del populismo
negli Stati Uniti: esso è un fenomeno che ha fortemente contagiato la politica,
in quanto vengono usati argomenti populisti per aver presa sull’opinione
pubblica (vedi Obama).
In
definitiva viene data una definizione indicativa di populismo come fenomeno
a-classista nel quale il popolo è una realtà unica, segnato da svariate forme
di opportunismo politico che vedono l’utilizzo di tematiche populiste di destra
e di sinistra a fini politici ed elettorali.