Venerdì
27 febbraio. Allo scoccare della mezzanotte ho il telefono in mano – anzi, lo smartphone, preciserebbe un nativo
digitale – vado su Impostazioni,
spengo il 3G e disattivo il wifi. Spengo lo smartphone, spengo il caro – in tutti i sensi – Mac e vado a dormire. È cominciato il
mio weekend senza Internet: il mio weekend
offline.
Quella
sera avevo letto l’articolo di Beppe Severgnini - grande giornalista che ho
sempre ammirato anche per la sua fede interista condita da un pizzico di
salutare autoironia (e a noi interisti di autoironia ne serve davvero tanta a
volte) – nel quale racconta la sua settimana di digiuno digitale: Sette giorni fuori Rete è il titolo di
questo diario di bordo nel quale Severgnini torna agli antichi strumenti che
regolavano una volta la vita privata e professionale dell’uomo, come il fax,
gli SMS, le chiamate al telefono. Insomma niente Skype, niente social network,
niente Google. In poche parole, niente Internet.
Naturalmente
Severgnini ha digiunato per una settimana ed è una persona che per il suo
lavoro ha bisogno di Internet come il pane per poter rimanere al passo della
moltitudine di informazioni che circolano nel nostro mondo, ma lo prendo come
modello e mi prefiggo di salutare il web per un weekend.
Sabato
e domenica sono a Jesolo alla Festa dei Giovani dei salesiani con alcuni amici:
dobbiamo allestire il nostro stand e quindi saranno due giorni pieni e
impegnativi. “Bene” – penso – “così non avrò nemmeno la tentazione di guardare
il cellulare – scusate, lo smartphone”.
E in effetti è così, per due giorni la tentazione è stata nulla, o quasi.
Naturalmente con gli amici sono partiti i selfie,
le foto, i post su Facebook, i mi piace
e i commenti degli amici a casa che ne conseguono. Eppure sono stato bravo, mi
dico, perché ho lasciato il telefono in tasca – cari nativi digitali scusate,
ma mi sono stufato di chiamarlo sempre smartphone
– e in fin dei conti penso che si sia riposato anche lui, non costretto a
consumare la sua batteria per Internet e app
varie.
Arrivo
alla domenica sera e ho la sensazione di aver usato maggiormente il mio tempo.
È come quando vai al mare e ti riempi i polmoni di aria buona, buttando fuori
l’aria cattiva della città: ti sembra di respirare meglio, di essere in qualche
modo più in salute. Ecco, alla domenica sera mi stendo sul letto, continuo a
leggere l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio – La regola dell’equilibrio – prima di mettermi a dormire e penso al
tempo che ho risparmiato non scorrendo il dito su uno schermo. Ho usato di più
la testa, non affidando a Google la soluzione ai problemi e stando attento ai
cartelli stradali invece che alla voce di un navigatore. Ho inviato (pochi) SMS
come facevo alle medie e alle superiori – cavolo in effetti esistono ancora,
alla faccia di WhatsApp e delle sue spunte blu! – e non ho dovuto nemmeno
caricare spesso la batteria del telefono.
Va
bene sì, è vero, poi dal lunedì è ricominciata la vita online. È forse impensabile eliminare la tecnologia dalle nostre
abitudini - a meno che non vogliate vivere alla Christopher McCandless di Into the Wild – ma ogni tanto staccare
fa bene. Magari il prossimo digiuno sarà un po’ più lungo. Per respirare ancora
meglio.
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