mercoledì 11 marzo 2015

DEDICA: LUIS SEPÚLVEDA A PORDENONE

“È molto difficile trovare le parole per dire grazie a Pordenone per tutto quello che mi dà. Tuttavia, anche se la parola grazie mi sembra troppo piccola, mi faccio aiutare dall’eco delle montagne friulane per farla arrivare a tutti. Grazie amici di Pordenone. Da cuore a cuore”. 
Sepúlveda mentre scrive la dedica alla città di Pordenone
dopo aver ricevuto il sigillo

Così Luis Sepúlveda ha ringraziato la città di Pordenone e il sindaco Pedrotti per aver ricevuto oggi, mercoledì 11 marzo, il sigillo della città, del quale il primo cittadino ha sottolineato come le porte d’oro in esso raffigurate rappresentino un simbolo di libertà, di apertura e di accoglienza. Un ringraziamento, quello di Sepúlveda, scritto nero su bianco sul libro della città, sul quale solitamente viene scritto un pensiero da coloro i quali ricevono il sigillo di Pordenone. Sepúlveda si è anche detto fiero di essere ambasciatore di Dedica – che lo sta ospitando in questa settimana di eventi a lui dedicati - e di Pordenone, città piccola ma accogliente e calorosa: “Sono emozionato per l’affetto che Pordenone mi ha in questi giorni riservato. Le persone mi fermano per strada e mi danno il benvenuto nella loro città, mi stringono la mano, si fanno firmare un mio libro, mi invitano per un caffè”.
Sepúlveda in conferenza stampa 
La settimana di Dedica riservata all’autore sudamericano è cominciata sabato 7 marzo, quando nel pomeriggio si è tenuta la conferenza stampa di presentazione dell’evento presso l’Hotel Moderno. Durante la mezzora di conversazione con i giornalisti Sepúlveda ha avuto modo di essere interpellato principalmente su questioni politiche, partendo dall’ideologia di sinistra, definita “una forma di confrontarsi con il mondo e la società eticamente”, ma poco incline in questo momento storico ad essere tale. Sepúlveda elogia l’ex Presidente dell’Uruguay, José Mujica, ritenuto un esempio di etica e di morale di sinistra che purtroppo non è la regola ma l’eccezione. Elogia poi la Grecia di Tsipras, la prima a ribellarsi alla dittatura invisibile delle banche e delle istituzioni europee, senza dimenticare la Spagna e il movimento Podemos, ritenuto una possibile soluzione politica alla difficile situazione sociale spagnola, nella quale ad esempio il 56% dei giovani sono senza lavoro. Ha condannato il narcotraffico messicano e la corruzione della classe politica in Messico - caduta nelle mani dei narcotrafficanti – e definendo “orribile” l’uccisione dei 43 studenti messicani da parte dei narcos. C’è stato tempo e spazio anche per parlare dei flussi migratori dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, definiti da Sepúlveda un dramma e non un problema, come invece vogliono spesso far credere i media per confondere la gente suscitando paura e pregiudizi nei confronti degli stranieri. Lo scrittore ha duramente condannato l’UE per la mancanza di una politica europea comune, ma anche la negligenza dell’Europa e degli USA nell’aver creato dei vuoti politici in Libia - facendo crollare il regime dittatoriale di Gheddafi - e in Siria, Paesi che erano in grado di contenere i flussi migratori.
La conferenza stampa ha però toccato anche il tema principale della letteratura, in particolare per quanto riguarda due opere importanti dell’autore cileno: La gabbianella e il gatto e L’altra morte del Che. Della prima Sepúlveda ha raccontato come essa sia nata con l’intento di scrivere una storia intelligente per bambini, mentre della seconda ha parlato del suo approccio emotivo, dell’amore misto alla nostalgia, del guardare al tempo passato con speranze e dolori e di un’ottica dell’umore sano e intelligente nel suo modo di scrivere.
Sepúlveda al Teatro Verdi
Il suo stile narrativo è stato poi l’argomento di conversazione con l’amico - e traduttore delle sue opere – Bruno Arpaia, presso il Teatro Verdi: Sepúlveda ha raccontato la sua vocazione letteraria, la scoperta della poesia - grazie ad un innamoramento adolescenziale – e in particolare la poesia di Neruda, la passione per il calcio e l’amore per la parola scritta. L’autore ha anche raccontato aneddoti della sua vita, dall’infanzia fino al rapporto complicato con la sua patria, il Cile, dal quale è stato esiliato dopo essere stato anche incarcerato per due anni e mezzo dal regime militare di Pinochet. Esilio che non ha esitato a definire “una terra strana e incognita, nella quale l’esiliato non ha niente e nessuno”. 

Di grande arricchimento è stata inoltre la proiezione multimediale del fotografo Daniel Mordzinski - grande amico di Sepúlveda - nella quale è stata raccontata la vita dello scrittore cileno attraverso la fotografia.

Pordenone ha così il piacere di ospitare in questi giorni un grande scrittore, letto in tutto il mondo da lettori delle età più diverse, perché i messaggi che Sepúlveda manda attraverso le sue opere sono diretti a tutti. E anche al Verdi non è stato banale: “La vita è un’esplosione costante”. Appunto.

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