
Senza voler tirar fuori date ed eventi storici, trattati e convenzioni, c'è da dire che l'uscita del Regno Unito dall'Europa istituzionale e politica è un evento che crea un precedente storico importante. Le conseguenze saranno innanzitutto economiche, come conferma l'andamento delle Borse e della sterlina in questi giorni tribolati (sulla questione non mi addentro perché non ne ho le competenze, ma qui e qui potete leggere qualcosa di interessante per farvi un'idea). L'aspetto su cui vorrei provare a riflettere, senza ad arrivare ad una conclusione precisa perché forse è ancora presto per saperlo, è quello relativo al ruolo della democrazia in situazioni come queste.
Il Leave sancito dai britannici ci dice innanzitutto che un Paese sa essere patriottico anche al di fuori dei Mondiali e degli Europei di turno. O almeno questa è stata una delle chiavi di lettura del referendum, ma ci arriveremo. Se su Google digitate Brexit otterrete immediatamente questa schermata con le percentuali ottenute dal Leave (lasciare) e dal Remain (rimanere).
Ma l'analisi che più ha tenuto banco in questi primi giorni post Brexit è quella relativa al voto generazionale. Tra gli inglesi con più di 65 anni solo il 40% ha votato per restare nell'Unione Europea mentre tra i votanti fino a 34 anni la percentuale sale al 62%. Infine tra i ragazzi tra i 18 e i 24 anni quelli favorevoli all'Europa sono il 73%. Beppe Severgnini in un articolo uscito sul Corriere.it ha parlato di una Decrepita Alleanza che avrebbe di fatto sgambettato i nipoti e il loro futuro. Su Gli Stati Generali si sottolinea però un altro dato: solo il 36% degli under 25 aventi diritto al voto è andato a votare. Della serie: sì, i nonni hanno votato per il Leave, ma non è che i nipoti si siano dati così da fare per garantire il loro futuro sotto le ali di Mamma Europa.
E qui veniamo al ruolo della democrazia. Premessa: non si vuole mettere in dubbio la validità e la necessità di una società democratica e aperta al libero pensiero. Meglio specificarlo, soprattutto dopo il dibattito Mein Kampf sì - Mein Kampf no nelle edicole. La solita famosa questione è: una testa = un voto. Non importa che quella testa sia - passatemi il termine - vuota o con del sale in zucca. Anche perché in democrazia se un'opinione è degna di un'altra mica la si può misurare per intelligenza. La conseguenza però è: quanto il cosiddetto popolo di una Nazione è in grado di prendere certe decisioni? Quanto il Leave è stato dettato da logiche populistiche/patriottiche/nostalgiche di un passato che non c'è più e quanto da ponderazioni politiche ed economiche? Che poi il leader della campagna per il Leave Nigel Farage si rimangi in televisione la promessa di stanziare i soldi risparmiati dall'appartenere all'UE alla sanità è indicativo di una quantomeno non chiara situazione sulle scelte di voto e sulle dinamiche che le hanno sancite.
Ah, mettiamoci pure che gli inglesi hanno iniziato a googlare freneticamente cosa comportasse lasciare l'UE solo DOPO aver votato fa pensare un pochino...
"What is the EU?" is the second top UK question on the EU since the #EURefResults were officially announced pic.twitter.com/1q4VAX3qcm— GoogleTrends (@GoogleTrends) 24 giugno 2016
Se Brexit avrà conseguenze catastrofiche per il Regno Unito e l'Europa lo vedremo con il tempo. Forse addirittura sarà la miglior casa ci potesse capitarci, alla faccia di decenni di programmi Erasmus, libera circolazione, Trattati e convenzioni economiche. Certo immaginarsi una campagna elettorale targata Salvini incentrata sui benefici del ruspare l'Europa e chiudere le frontiere mette i brividi, soprattutto a pensare che c'è chi di queste idee se ne riempie la bocca. Però vabbé, in democrazia una testa = un voto e (quasi) ogni opinione merita di essere espressa. Anche se non tutti siamo economisti. Me compreso.