mercoledì 25 giugno 2014

Una eliminazione meritata

Sudafrica 2010 e Brasile 2014: Italia eliminata dalla competizione alla fase a gironi. Due eliminazioni clamorose: non accadeva dagli anni Sessanta di venire eliminati per due volte di fila al primo turno. Nel '62 la spedizione in Cile non riuscì a superare il girone che prevedeva come avversari i padroni di casa, la Svizzera e la Germania Ovest, mentre nel '66 fummo eliminati nel raggruppamento che prevedeva Corea del Nord, URSS e ancora una volta Cile. In quest'ultima occasione le modalità della disfatta rispecchiano la recente eliminazione subita ad opera dell'Uruguay di Tabarez: esordimmo battendo i cileni, per poi perdere con sovietici e nordcoreani. Il Mondiale inglese del '66 è quindi in qualche modo lo specchio del brutto Mondiale in Brasile, dove la vittoria contro l'Inghilterra nella prima partita ha illuso squadra e allenatore, incapaci di vincere contro il Costa Rica e almeno di pareggiare contro l'Uruguay. Una eliminazione che si somma alla brutta figura fatta in Sudafrica, quando il rientrato ct Campione del Mondo, Marcello Lippi, non riuscì a portare i suoi agli ottavi di finale. In quell'occasione l'ex allenatore di Juventus e Inter si dimise: dimissioni che sono state presentate anche dal ct Prandelli, il quale le ha definite "irrevocabili". Anche Abete, presidente della FIGC, ha presentato dimissioni "irrevocabili", in una conferenza stampa congiunta con l'ormai ex ct della Nazionale. Dimissioni dovute e inevitabili, in tutti e due i casi, e che sono espressione del "fallimento del progetto tecnico", come lo ha definito Prandelli. Un fallimento che rispecchia più in generale quello del calcio italiano, che va dalla decadenza degli stadi e degli impianti sportivi alla scarsa etica sportiva (vedi Calciopoli e scandalo scommesse), senza dimenticare l'elevato numero di giocatori stranieri nel nostro campionato a discapito dei giovani giocatori italiani che diventano la fortuna e il patrimonio delle squadre straniere. Un calcio in crisi che si traduce in società indebitate e quindi non sane e solide economicamente, ma soprattutto incapaci di competere a livello europeo e internazionale, come dimostra il crollo nel ranking Fifa e la progressiva perdita di posti nelle competizioni europee. Come sempre è facile dare la colpa all'allenatore e chiedere la sua testa: ammettiamo però che in questo caso non può che essere così. Prandelli ha raccolto le ceneri di una Nazionale ormai distrutta, dopo la disfatta dei Mondiali in Sudafrica, con l'obiettivo di riscattarla e riuscendo pian piano a ricostruirla dandole un'identità e delle regole: agli Europei del 2012 l'Italia è arrivata in finale, battendo squadre del calibro dell'Inghilterra e della Germania, dimostrando perlomeno una solidità difensiva e organizzativa; alla Confederations Cup del 2013 è arrivata terza, battendo ai rigori proprio l'Uruguay. Due risultati positivi, anche se erano evidenti alcuni limiti e alcune imperfezioni sui quali però era giusto lavorare nel tempo. Cosa che però non ha portato dei risultati ma una clamorosa disfatta. Il fallimento di Prandelli è quantomeno sorprendente e inspiegabile: la sua dedizione al lavoro e la sua precisione, che tanto bene gli hanno fatto fare nelle squadre di club, erano le qualità giuste per un allenatore in grado di portare dei risultati alla Nazionale. Invece questo Mondiale è nato male, fin dalle convocazioni: il ct non si è dimostrato chiaro nelle scelte, prolungando il mistero sui possibili convocati, ma soprattutto non è mai stato chiaro il modulo e gli uomini sui quali puntare. Sono stati convocati molti attaccanti esterni, come Cassano, Cerci e Insigne e due attaccanti centrali, Immobile e Balotelli. Con un attacco simile sarebbe stato logico giocare con una prima punta e due attaccanti esterni in grado di sfruttare le fasce e l'uno contro uno. Invece niente di tutto questo è stato fatto: il modulo usato da Prandelli, il 4-1-4-1, ha semplicemente imbottito la squadra di centrocampisti, finendo per lasciare solo Balotelli davanti. Altre scelte inspiegabili sono la scelta di Chiellini terzino e Marchisio esterno sinistro nelle prime due partite, ma a questo punto è inutile girare troppo il coltello nella piaga. Prandelli ha fatto delle scelte,  in buona fede e con un progetto tecnico preciso, che purtroppo non ha pagato. Ma ovviamente non è solo colpa dell'allenatore: probabilmente manca un profondo senso di responsabilità e di maturità in molti giocatori, in primis Balotelli, incapace, nonostante il suo talento e la fiducia in lui riposta, di prendersi sulle spalle le squadre in cui gioca. Manca una generazione di giocatori di spessore e non solo di talento, in grado di sostituire gradualmente la generazione dei Campioni del Mondo facendo fare un salto di qualità, come sta accadendo all'Olanda e alla Germania. Si potrebbero fare mille altre analisi tecniche sul calcio italiano, del quale questa Nazionale è l'emblema, ma dobbiamo ammettere una cosa: siamo noi italiani ad essere così, troppo spesso inconcludenti e bravi a parlare.  Una sola cosa è certa: questa è una eliminazione meritata. Evidentemente ci piace così, nel calcio come nella vita. 

Nessun commento:

Posta un commento