"In Gesù Cristo il nuovo umanesimo": questo il titolo del 5°
Convegno ecclesiale nazionale cominciato ieri a Firenze e che durerà
fino a venerdì 13 novembre. E nella giornata di oggi il tema
dell'umanesimo ha visto il prezioso contributo niente meno che di
Papa Francesco, arrivato nella città toscana per incontrare la
Chiesa italiana.
Un
incontro i cui contenuti possono essere riassunti nel discorso tenuto
dal Papa presso il Duomo di Firenze e che può essere definito un
capolavoro di comunicazione per la densità di immagini che Bergoglio
ha utilizzato per mandare messaggi chiari e precisi non solo alla
Chiesa ma al mondo cattolico intero. E come sua abitudine tre sono
state le immagini che Bergoglio ha voluto utilizzare per raccontare
la sua idea di "Chiesa in uscita e pastorale": l'immagine
di don Camillo e Peppone, la storia di un vescovo che è sorretto
dalla gente in tram e infine l'immagine della medaglia spezzata a
metà fra madre e figlio.
DON
CAMILLO E PEPPONE. La citazione dei celebri personaggi popolari
inventati da Guareschi ha subito provocato gli applausi della platea
alla quale stava parlando Francesco, richiamando una concezione
popolare del rapporto fra Chiesa e popolo: "Mi colpisce come
nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca
alla evidente vicinanza con la gente. [...] Vicinanza alla gente e
preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare,
umile, generoso, lieto". Ed è attraverso questa immagine
che Francesco ha ribadito un concetto già esposto quel 13 marzo 2013
nel giorno della sua elezione: "Popolo e pastori insieme! Ai
vescovi chiedo di essere pastori".
Immagine da ilsussidiario.net |
IL
VESCOVO SORRETTO DALLA GENTE. Ed è da questa immagine di buon
pastore che Francesco racconta un aneddoto: "Di
recente ho letto di un vescovo che raccontava che era in metrò
all’ora di punta e c’era talmente tanta gente che non sapeva più
dove mettere la mano per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si
appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre
la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua
gente".
LA
MEDAGLIA SPEZZATA A META'. E poi un'altra immagine presa dalla storia
popolare: “Siamo
qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città
è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale
degli Innocenti, ad esempio. Una delle prime architetture
rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati
e madri disperate. Spesso queste mamme lasciavano, insieme ai
neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano,
presentando l’altra metà, di poter riconoscere i propri figli in
tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano
una medaglia spezzata. Noi abbiamo l’altra metà. La Chiesa madre
ha l’altra metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi
figli abbandonati, oppressi, affaticati. Il Signore ha versato il suo
sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti”.
Tre immagini di umanesimo che nascono
però da tre sentimenti, sui quali il cristiano è chiamato a
riflettere con la sguardo fisso a Cristo, l'Ecce Homo. Umiltà,
disinteresse e beatitudine sono i perni sui quali Bergoglio basa la
sua idea di Chiesa ed è qui che si rivolge alla Chiesa italiana:
“Non dobbiamo essere ossessionati dal potere. […] Preferisco
una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le
strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità
di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Tre sentimenti che per
sbocciare devono vincere due tentazioni precise individuate da
Bergoglio, quella del pelagianesimo e quella dello gnosticismo: “La
dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare
domande, dubbi, interrogativi ma è viva, sa inquietare, animare. […]
Il fascino dello gnosticismo è quello di una fede rinchiusa nel
soggettivismo dove il soggetto rimane chiuso nell'immanenza della sua
ragione o dei suoi sentimenti”.
Ed è qui che Francesco ribadisce un
tema a lui caro: il dialogo e la cultura dell'incontro. “Vi
raccomando in maniera speciale la capacità di incontro. Dialogare
non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria fetta
della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene
comune per tutti. […] La società italiana si costruisce quando le
sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo
costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile,
quella artistica, quella tecnologica, quella economia, quella
politica e quella dei media... La Chiesa sia fermento di dialogo, di
incontro, di unità”.
Infine un appello ai giovani: “Superate
l'apatia e siate costruttori dell'Italia! Dovunque voi siate non
costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo”.
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