martedì 10 novembre 2015

FRANCESCO AL CONVEGNO DI FIRENZE FRA UMANESIMO, DIALOGO E IMMAGINI POPOLARI

"In Gesù Cristo il nuovo umanesimo": questo il titolo del 5° Convegno ecclesiale nazionale cominciato ieri a Firenze e che durerà fino a venerdì 13 novembre. E nella giornata di oggi il tema dell'umanesimo ha visto il prezioso contributo niente meno che di Papa Francesco, arrivato nella città toscana per incontrare la Chiesa italiana. 



Un incontro i cui contenuti possono essere riassunti nel discorso tenuto dal Papa presso il Duomo di Firenze e che può essere definito un capolavoro di comunicazione per la densità di immagini che Bergoglio ha utilizzato per mandare messaggi chiari e precisi non solo alla Chiesa ma al mondo cattolico intero. E come sua abitudine tre sono state le immagini che Bergoglio ha voluto utilizzare per raccontare la sua idea di "Chiesa in uscita e pastorale": l'immagine di don Camillo e Peppone, la storia di un vescovo che è sorretto dalla gente in tram e infine l'immagine della medaglia spezzata a metà fra madre e figlio. 





DON CAMILLO E PEPPONE. La citazione dei celebri personaggi popolari inventati da Guareschi ha subito provocato gli applausi della platea alla quale stava parlando Francesco, richiamando una concezione popolare del rapporto fra Chiesa e popolo: "Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. [...] Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto". Ed è attraverso questa immagine che Francesco ha ribadito un concetto già esposto quel 13 marzo 2013 nel giorno della sua elezione: "Popolo e pastori insieme! Ai vescovi chiedo di essere pastori". 

Immagine da ilsussidiario.net


IL VESCOVO SORRETTO DALLA GENTE. Ed è da questa immagine di buon pastore che Francesco racconta un aneddoto: "Di recente ho letto di un vescovo che raccontava che era in metrò all’ora di punta e c’era talmente tanta gente che non sapeva più dove mettere la mano per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente"



LA MEDAGLIA SPEZZATA A META'. E poi un'altra immagine presa dalla storia popolare: “Siamo qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale degli Innocenti, ad esempio. Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati e madri disperate. Spesso queste mamme lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano, presentando l’altra metà, di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano una medaglia spezzata. Noi abbiamo l’altra metà. La Chiesa madre ha l’altra metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati. Il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti”.



Tre immagini di umanesimo che nascono però da tre sentimenti, sui quali il cristiano è chiamato a riflettere con la sguardo fisso a Cristo, l'Ecce Homo. Umiltà, disinteresse e beatitudine sono i perni sui quali Bergoglio basa la sua idea di Chiesa ed è qui che si rivolge alla Chiesa italiana: “Non dobbiamo essere ossessionati dal potere. […] Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”. Tre sentimenti che per sbocciare devono vincere due tentazioni precise individuate da Bergoglio, quella del pelagianesimo e quella dello gnosticismo: “La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi ma è viva, sa inquietare, animare. […] Il fascino dello gnosticismo è quello di una fede rinchiusa nel soggettivismo dove il soggetto rimane chiuso nell'immanenza della sua ragione o dei suoi sentimenti”.

Ed è qui che Francesco ribadisce un tema a lui caro: il dialogo e la cultura dell'incontro. “Vi raccomando in maniera speciale la capacità di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria fetta della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. […] La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economia, quella politica e quella dei media... La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità”.

Infine un appello ai giovani: “Superate l'apatia e siate costruttori dell'Italia! Dovunque voi siate non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo”

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