domenica 18 febbraio 2018

La pochezza di contenuti di Di Maio e del Movimento 5 Stelle

Luigi Di Maio, leader politico e candidato premier del Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni del 4 marzo, è stato ospite della redazione del quotidiano torinese La Stampa per una video intervista a 360° su quelle che sono le intenzioni pentastellate circa il prossimo governo e il futuro del Belpaese. 





Un'intervista che ha avuto luogo a distanza di pochi giorni dallo scandalo che ha colpito Di Maio & Co. e che ha visto "alcuni parlamentari del Movimento truffare il partito non versando o fingendo di versare la quota di stipendio che tutti gli eletti del M5S sono tenuti a versare in un fondo per il microcredito gestito dal ministero dell’Economia", come recita Il Post in questo articolo che potete leggere qui. Sempre Il Post sottolinea come sarebbero almeno dieci i parlamentari coinvolti, i quali "avrebbero evitato di versare in tutto 1,4 milioni di euro, su un fondo di poco più di 20. Il Movimento ha ammesso alcune irregolarità e ha annunciato sospensioni ed espulsioni di tutti i parlamentari coinvolti".

Il M5S ha subito sottolineato, attraverso questo post sul proprio blog, come il Movimento abbia versato "23,4 milioni di euro derivanti dal taglio dei propri stipendi personali. Un dato che possiamo condividere con grande orgoglio". Un dato certificato che però racconta una parziale verità e che pone la questione da un altro punto di vista, forse ben più importante: quanto accaduto mette in discussione l'identità politica e sociale del Movimento, la quale si sgretola come neve al sole di fronte all'evidenza dei fatti.Se gli albori pentastellati annunciavano infatti la nascita di un Movimento in grado di essere diverso rispetto alla corruttibilità della politica e più vicino ai cittadini e alle loro necessità, la realtà ci presenta invece oggi una forza politica che, a differenza di quanto annuncia ormai da anni di fronte alle telecamere, altro non è che parte integrante delle politica stessa e del suo modus operandi troppo spesso fallace.  

Cavallo di battaglia è sempre stato denunciare la corruttibilità altrui, vedi Maria Elena Boschi, sulla bocca dei pentastellati in ogni comizio o trasmissione televisiva* (vedi nota sotto). Ma se la politica è un sistema malato a causa delle mele marce che ne fanno parte, allora anche il Movimento 5 Stelle è a sua volta malato a causa delle mele marce che ne fanno (e ne faranno) parte. Ergo, a discapito di una verginità sbandierata orgogliosamente, il M5S non è diverso dal resto dei partiti che denunciano. 

Ma torniamo all'intervista di Di Maio a La Stampa. Quello che preoccupa è soprattutto la pochezza di contenuti che il Movimento - e il candidato - propongono. La linea politica pentastellata è sempre stata quella di denunciare gli errori altrui senza però fornire grandi alternative: insomma, una logica distruttiva tendente a fare terra bruciata del "sistema" ma sterile dal punto di vista delle proposte per cambiare veramente la rotta. 

Lo si evince in primis dal programma proposto in vista della campagna elettorale, il quale si potrebbe definire, senza troppi giri di parole, una brutta figura. Sempre Il Post ci racconta comel'elenco di proposte fatte dal M5S sia in realtà una serie di plagi, con il risultato di un programma elettorale composto da studi e analisi copiati, interrogazioni parlamentari del PD (sì, proprio quel partito che dovrebbe rappresentare il male assoluto della politica), articoli di giornale, articoli di Wikipedia e addirittura un pezzo di una tesi di laurea. Qui potete comunque leggervi tranquillamente tutto nel dettaglio e farvi la vostra idea. 

L'intervista di Di Maio a La Stampa è un tutto e niente che testimonia, ancora una volta, la strategia statica del M5S di stare con un piede in due scarpe, al fine di riuscire a intercettare il maggior numero di scontenti possibili, sia a destra che a sinistra. E un esempio è la non presa di posizione - o peggio, il continuo cambio di posizione - su argomenti come l'immigrazione e l'Europa. Una strategia che vuole gli altri fare la prima mossa e il M5S comportarsi di conseguenza. 

Alla domanda del vicedirettore vicario de La Stampa, Luca Ubadelschi, circa la possibilità di una candidatura di Torino alle Olimpiadi invernali del 2026, la risposta di Di Maio è stata: "In realtà non esiste ancora un piano economico, se non sbaglio. So che la Camera di Commercio, mi pare, stava per fare qualcosa. Il Movimento comunque si rimetterà alle decisioni della Sindaca Appennino". Insomma, non abbiamo ancora chiara la situazione, ma va bene qualunque cosa deciderà la Sindaca, che conosce il territorio e ha le relazioni per seguire il progetto Olimpiadi. Non proprio il massimo della pianificazione per una realtà politica che vorrebbe governare il Paese. 

Una cosa è però chiara a Luigi Di Maio: se il Movimento sarà il primo partito e ci sarà da dialogare con gli altri per formare un governo, il premier dovrà essere lui. Su questo non si discute. 




*la settimana scorsa stavo seguendo la trasmissione Otto e mezzo di Lilli Gruber, con ospiti Sandro Gozi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari europei nel Governo Renzi e in quello Gentiloni (e ricandidato alle prossime elezioni con il PD), e Dino Giarrusso, ex giornalista de Le Iene candidato con il M5S. Al minuto 23 del video che trovate sotto si parla di debito pubblico e se sia aumentato o meno sotto il centrosinistra. Gozi cerca di spiegare come conti il rapporto fra debito e crescita, spiazzando evidentemente Giarrusso che per attaccare nuovamente sposta il discorso sulla candidatura di Boschi come capolista: mossa infelice che evidenzia, ancora una volta, la pochezza di contenuti pentastellati fuori dagli slogan imparati a memoria. 



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