giovedì 17 luglio 2014

Una lancia in favore di Leo


Prima il tormentone era: meglio Maradona o Pelé? Oggi è: meglio Maradona, Pelé o... Messi? Il fantasista del Barcellona, vincitore di numerosi titoli fra campionati e coppe con i blaugrana, è ormai costantemente al centro dei dibattiti calcistici sui re del pallone. Leo oggi ha 27 anni e ha già vinto tutto da un pezzo: Liga, Champions League, Copa del Rey, Supercoppa di Spagna, Supercoppa Europea, Mondiale per Club, Scarpa d'Oro, Pallone d'Oro. E siccome vincere tutto già quando hai poco più di vent'anni ti porta sopra a tutto e tutti, la sfida non può essere che provare a rivincere quello che hai già vinto, battere record di gol, di presenze, diventare capitano della Nazionale argentina e competere costantemente con quel furbacchione di Cristiano Ronaldo, che non perde occasione per pizzicarsi col fuoriclasse argentino. Ecco, una cosa manca però a Leo: vincere con la Nazionale. In carriera, come detto, ha già vinto tutto, anche più di Maradona, eroe nazionale ancora venerato come una divinità. Il problema è che per consacrarsi definitivamente come una divinità al pari del Pibe, Leo deve portare la sua Nazionale sul tetto del Mondo. Solo questo gli permetterà di poter superare Maradona. La finale con la Germania era l'occasione di una vita, ma è andata male. Leo non ha brillato, o meglio, essendo ormai tutti abituati alle sue giocate e ai suoi dribbling, ciò che per un giocatore normale sarebbe straordinario, per lui ormai è ordinaria amministrazione: tutti si aspettano sempre di più. Ed ecco che una prestazione normale della Pulce diventa invece una prestazione pessima: ci sta, è il gioco del calcio e dei media che hanno bisogno di parlare dei grandi campioni. Ma allo stesso tempo non ci sta per niente: attaccare Messi, mettendo persino in dubbio il suo talento, è qualcosa di insensato. Sono attacchi gratuiti, che non rendono giustizia ad un giocatore che ha incantato il mondo dimostrando sul campo il suo valore. La Fifa ha consegnato a Messi il Pallone d'Oro del Mondiale, sollevando numerose critiche, dato la prestazione pessima (o normale, a seconda dei punti di vista) di Leo in finale. Sono critiche giuste e legittime, dato che il premio sarebbe potuto benissimo andare ad esempio a James Rodriguez, capocannoniere della competizione con sei gol, davanti a Mueller (5) e allo stesso Messi (4). Questo conferma forse come nel calcio, e soprattutto nella Fifa guidata ormai da troppo tempo da Blatter, ci siano dinamiche e pressioni politiche che devono soddisfare gli interessi particolari di qualcuno. In tal senso è curioso come la stessa Fifa abbia escluso l'argentino dalla top 11 dei Mondiali: ma scusate, non era stato il miglior giocatore ai Mondiali? Detto questo è giusto spezzare una lancia in favore di Messi: viene accusato di non essere stato decisivo in questo Mondiale e di non aver portato l'Argentina a vincere un titolo che manca dagli anni Settanta. Come se fosse solo colpa sua. Nessuno dice che è stata tutta l'Argentina a non brillare e non solo Messi: Higuain ha fatto un solo gol, anche se bello e decisivo contro il Belgio ai quarti, Palacio zero, così come Aguero e Lavezzi. Nessuno dice che Sabella ha lasciato a casa uno come Tevez, così come nessuno dice che se l'Argentina è arrivata dove è arrivata, lo deve proprio a Messi e a nessun altro: un gol alla Bosnia, due alle Nigeria e uno all'Iran, tutti decisivi, belli e fondamentali per la vittoria, senza contare che il gol allo scadere dei supplementari di Di Maria contro la Svizzera agli ottavi, nasce da una serpentina di Leo, che serve al compagno un assist al bacio. La colpa di Leo è stata quella di fermarsi lì, una volta arrivate le partite più importanti, e questo certamente non gli fa meritare fino in fondo il premio di miglior giocatore del torneo. Ma questo non gli può certo togliere il suo talento e il suo essere un campione in un calcio fatto più da modelli e calciatori-immagine che da uomini di sport.  

Immagine presa da www.lastampa.it 

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